Anticipazioni (e preoccupazioni) sui temi in discussione nel consiglio comunale del 14 marzo
Il Consiglio Comunale del prossimo 14 marzo sarà incentrato sulle modifiche che la maggioranza intende apportare allo Statuto Comunale: anche chi non frequenta l’aula consiliare di Palazzo Consoli dovrebbe sapere, a nostro avviso, che tipo di menù è stato preparato per i cittadini.
In questa breve analisi non parliamo dalle modifiche in un certo senso “obbligatorie” e doverose; tra le quali ad esempio quelle che hanno lo scopo di aggiornare il testo adeguandolo a modifiche di legge nel frattempo intercorse (p.es. il numero totale di assessori). Ci soffermiamo invece su alcuni aspetti che La Città al Governo ritiene molto critici e pericolosi per la democrazia e che la maggioranza ha in parte già approvato, proponendosi di terminare l’opera nel consiglio di lunedì: il Regolamento è stato modificato nel Consiglio precedente attraverso una forzatura, senza cioè che fossero apportati preventivamente i cambiamenti allo Statuto. E’ una questione semplice di rispetto delle regole e della logica delle cose.
Lo Statuto Comunale, per legge, “stabilisce le norme fondamentali dell’organizzazione dell’Ente” mentre i regolamenti, in questo caso il Regolamento del Consiglio Comunale, disciplinano il funzionamento degli organi nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dallo Statuto. Non è una questione di lana caprina ma un modo di intendere le istituzioni. Demandare al Regolamento, togliendole dallo statuto, la definizione del Numero legale per la validità delle sedute e il meccanismo di Elezione del Presidente del Consiglio Comunale è una scelta che non ci piace. Si eliminano norme fondanti dell’organizzazione dell’ente, elementi di costituzione e non di attuazione, sottraendo valore al Consiglio Comunale.
Il resto è un gioco da ragazzi, perché cambiare un regolamento è più semplice che cambiare uno statuto: il numero legale necessario a rendere valida una seduta passa immediatamente da 9 a 7 consiglieri. Mentre l’attuale – ancora per poco – Statuto stabilisce che il Consiglio “si riunisce validamente con la presenza di metà più uno dei consiglieri assegnati (senza computare a tal fine il Sindaco)”, il nuovo regolamento stabilisce che “Il Consiglio Comunale, in prima convocazione, non può deliberare se non intervengono almeno 7 consiglieri comunali, senza computare il Sindaco.” Lo statuto dettava una principio fondamentale, il regolamento indica un semplice numero.
La scelta di demandare al regolamento la possibilità di abbassare la quota minima fissata già dallo Statuto – anche se consentito – costituisce una sprezzante prova di forza di una maggioranza impegnata ad adattare lo Statuto a proprio uso e consumo con l’obiettivo di ridurre il Consiglio Comunale ad un orpello di cui si può fare a meno. Del resto, la volontà di mortificare il ruolo del Consiglio Comunale è confermata dalla sciagurata e oltraggiosa scelta di convocarne le sedute nelle ore serali, così da limitare quanto più possibile la presenza di cittadini e consiglieri. I nuovi numeri sono calibrati in ragione delle esigenze contingenti della maggioranza e sono un atto di spregio nei confronti dei valori e delle funzioni istituzionali che il Consiglio Comunale e lo Statuto debbono garantire.
Altri elementi di riflessione scaturiscono dalle modifiche all’art. 19 del regolamento, comma 8 e 10.
Il testo del 2000 è stato modificato in modo tale che non sarà più possibile, nel corso di un consiglio, trasformare un’interpellanza in mozione e continuare la discussione nella stessa seduta. Il consigliere insoddisfatto delle risposte ricevute in aula dovrà ripresentare la mozione e discuterla in un’altra seduta, forse anche a distanza di molte settimane, con il rischio concreto di renderla inefficace o inutile, anche perché le nuove regole prevedono che nessun consigliere potrà “complessivamente svolgere più di due tra interrogazioni interpellanze e mozioni nella stessa adunanza.” Due temi per volta, non di più.
E’ ovvio che le nuove disposizioni hanno l’obiettivo di svuotare di senso i lavori del Consiglio e di limitare l’azione delle opposizioni. Se queste ultime – come è accaduto spesso negli ultimi mesi – hanno il difetto di lavorare e di fare molte proposte, nel futuro dovranno auto-limitarsi o accettare di far passare settimane e settimane prima di poter discutere in consiglio gli argomenti sui quali si è soffermata la loro attenzione; peggio, saranno costrette a selezionare a monte e a mettere in priorità temi che dovrebbero, invece, avere la possibilità di essere discussi alla pari degli altri.
Un grave attacco al funzionamento delle istituzioni, dunque, e al meccanismo di rappresentanza delle nostra democrazia. Ai cittadini che hanno votato per una lista di minoranza non sarà riconosciuto il diritto di essere pienamente rappresentati dalle persone e dalle liste a cui hanno dato fiducia.
Non ci consola affatto pensare che, prima o poi, chi oggi è maggioranza domani sarà opposizione: evitare il confronto e ridurre al minimo la possibilità di espressione delle opposizioni è profondamente sbagliato.
Il confronto democratico, che questa amministrazione arrogante e arroccata a difesa del proprio piccolo potere non conosce e non pratica, è un’altra cosa.
Forse lo capiranno quando saranno loro a sedere sui banchi della minoranza, ma allora non potranno protestare perché il bavaglio se lo saranno messi da soli, imponendolo alle minoranze di oggi.
La Città al Governo.